Vuoi aprire un punto gioco e pagamenti? Ecco la verità sui costi reali che nessuno ti dice

Aprire un punto gioco e pagamenti può sembrare un’iniziativa imprenditoriale allettante, soprattutto considerando la crescente diffusione delle scommesse e dei servizi di ricarica in Italia. Tuttavia, dietro la patina pubblicitaria dei “guadagni facili” si nascondono costi, obblighi normativi e ostacoli che molti sottovalutano o ignorano, spesso indotti da informazioni incomplete o fuorvianti, specie diffuse online.

Tipologie di punto gioco e principali differenze

Prima di entrare nel merito dei costi, è fondamentale distinguere tra le varie attività che ricadono sotto il grande ombrello dei punti gioco:

  • Centro scommesse vero e proprio con licenza ADM (ex AAMS), che offre scommesse sportive e giochi secondo la normativa italiana.
  • Sale giochi (con slot machine, videolottery, ecc.), dove sono installate apparecchiature da intrattenimento.
  • PVR (Punto Vendita Ricarica), ovvero corner all’interno di bar, tabacchi o edicole, dove è possibile effettuare ricariche di conti gioco e pagamenti di bollette.

Ognuna di queste attività comporta investimenti differenti, sia iniziali che ricorrenti, e diversi gradi di complessità burocratica.

I costi veri: tra realtà e miti da sfatare

La narrazione secondo cui si possa “aprire un punto gioco con pochi soldi e guadagni sicuri” è spesso una semplificazione pericolosa. Ecco i costi reali che bisogna affrontare:

1. Licenze, permessi e pratiche amministrative

Uno degli aspetti più onerosi è quello delle licenze. Se si vuole aprire un vero centro scommesse indipendente, occorre ottenere una concessione dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM), processo che richiede una stringente selezione, bando pubblico e investimenti elevati, spesso centrati su centinaia di migliaia di euro, a seconda della località e delle dimensioni del locale. Solo acquistando una licenza già esistente è possibile “aggirare” i bandi, ma si tratta comunque di costi molto elevati.

Per le tipologie come il PVR (Punto Vendita Ricarica), invece, la procedura è semplificata. Non esistono costi di licenza diretta o bandi, ma è necessario affiliarsi a un concessionario autorizzato, rispettare determinati requisiti e sottostare alle normative locali di sicurezza e igiene.

In entrambi i casi sono sempre necessari:

  • Stipula di contratti di concessione o sub-concessione.
  • Richiesta al Comune per avvio attività e rispetto delle distanze da scuole e luoghi sensibili (leggi regionali anti-azzardo).
  • Notifica all’ASL e autorizzazioni di Polizia Amministrativa (ex art. 88 TULPS).
  • Pagamenti di marche da bollo e diritti di segreteria: dai 200 ai 1.000 euro circa complessivi.

2. Investimento iniziale in attrezzature e locale

La spesa dipende fortemente dalla tipologia scelta.

  • PVR: Come soluzione minimale, servono solo un PC, una stampante e connessione internet. L’investimento parte da 300-400 euro per hardware di base e piccole forniture. Spesso, il PVR non richiede allestimenti dedicati, né grosse modifiche strutturali.
  • Sala giochi o centro scommesse:
    Qui gli investimenti crescono notevolmente. Bisogna considerare:

    • Casse e sistemi di pagamento elettronico: da 500 a 2.000 euro.
    • Sistemi di sicurezza, telecamere e allarmi: tra 1.000 e 5.000 euro, a seconda della superficie e dei requisiti di legge.
    • Arredamento, pannelli anti-rumore, zone relax: da 2.000 a 5.000 euro.
    • Adeguamento del locale alle normative di agibilità, sicurezza antincendio e accessibilità.

L’affitto dei locali rappresenta poi una voce cruciale: per una posizione decentemente trafficata in città si parte da 1.500/2.000 euro al mese e si può salire rapidamente in aree centrali o di grande passaggio, fino a 4.000 euro e oltre.

3. Costi continuativi, tasse e ricavi effettivi

Blandire l’idea di *”guadagni certi”* è spesso una forzatura. Tra costi fissi e trattenute, occorre valutare:

  • Personale: almeno 1-2 addetti sono necessari, con costo lordo variabile tra i 20.000 e 30.000 euro annui ciascuno.
  • Canoni e fee per il concessionario: occorre versare una quota delle ricariche e delle commissioni sui giochi direttamente a chi fornisce il servizio (generalmente il 30% circa del margine lordo).
  • Imposte e tassazione: oltre all’IVA e alle tasse ordinarie, operare nei giochi comporta una particolare e pesante tassazione applicata dal fisco sul cosiddetto PREU (Prelievo Erariale Unico) sulle VLT e sulle slot, che incide drasticamente sui margini.
  • Tasse locali e costi di vigilanza, smaltimento rifiuti, bollette.

Il risultato netto è che, dopo tutti questi costi, uno stipendio reale per il titolare si attesta spesso tra i 2.000 e 3.000 euro al mese, escluse le imposte finali. In alcune regioni i margini si riducono ulteriormente a causa della concorrenza e delle restrizioni.

Miti, rischi e trabocchetti nascosti

In rete, soprattutto negli ultimi anni, sono proliferate offerte di “franchising a basso costo” o di corsi che promettono di svelare il “segreto per guadagnare cifre enormi aprendo un punto gioco o un PVR”. Il consiglio principale resta la massima prudenza: nessuna attività regolata può garantire grandi guadagni con investimenti minimi, senza rischio.

Spesso si tende a omettere:

  • La responsabilità penale e amministrativa in caso di errori, mancati adempimenti o accesso ai minori.
  • La forte dipendenza dalle politiche dei concessionari, che possono modificare a piacimento le condizioni di commissioni, software e limiti operativi.
  • I rischi di contestazioni fiscali e le stringenti regole antiriciclaggio (antiriciclaggio), che impongono una gestione scrupolosa della clientela e dei flussi finanziari.
  • La possibilità di controlli continui delle autorità di pubblica sicurezza sui locali, per accertare il rispetto delle distanze minime da scuole, luoghi di culto e aree sensibili.

Infine, bisogna considerare la variabilità normativa: le leggi regionali possono vietare il punto gioco in certe zone, modificare distanze minime o introdurre blocchi temporanei alle nuove licenze. Di conseguenza, quanto oggi è possibile, domani potrebbe non esserlo più o diventare economicamente insostenibile.

Altre variabili da non sottovalutare

L’imprenditore interessato deve tenere a mente ulteriori elementi:

  • Formazione obbligatoria: per sé e per i dipendenti, sui temi della sicurezza e della prevenzione del gioco d’azzardo patologico.
  • Marketing e fidelizzazione: l’acquisizione di clientela non è automatica, specie in contesti saturi. Investire in visibilità e servizio è spesso necessario, con ulteriori costi pubblicitari.
  • Gestione dei pagamenti elettronici: POS, moneta elettronica e nuovi metodi di pagamento implicano costi di installazione e commissioni sulle transazioni, che vanno dalla dotazione del terminale al costo mensile per la gestione.

È bene infine sottolineare che ogni attività di gioco legale si muove in un settore ad alto rischio di fluttuazione normativa e fortissima regolamentazione, dove tolleranza zero su errori o leggerezze amministrative può portare a pesanti sanzioni.

Aprire un punto gioco o un corner pagamenti può essere un’opportunità interessante solo per chi affronta la sfida con piena consapevolezza di rischi, costi e obblighi. Un business senza costi nascosti e promesse irrealistiche non esiste, specialmente in uno dei comparti più sorvegliati d’Italia.

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