Un conto corrente inutilizzato o abbandonato può trasformarsi in una fonte di problematiche impreviste sia per il titolare sia, in caso di decesso, per gli eredi. In Italia la gestione dei conti inattivi è regolata da precise normative che tutelano da un lato il sistema finanziario, dall’altro i diritti dei correntisti. Spesso si pensa che un conto “dimenticato” sia semplicemente in uno stato di quiete; in realtà esistono rischi concreti che possono comportare la perdita della disponibilità delle somme accantonate e persino conseguenze fiscali o patrimoniali gravi.
Cosa succede a un conto corrente inutilizzato
Un conto corrente si definisce inutilizzato quando, per un lungo arco temporale, non presenta movimentazioni attive come prelievi, versamenti o pagamenti. Solitamente, la maggior parte delle banche e della normativa italiana di riferimento fissano la soglia dei 10 anni di inattività per identificare un conto come “dormiente”. In questo periodo, non devono manifestarsi richieste del cliente, movimenti spontanei, né risposte a eventuali comunicazioni dell’istituto bancario.
Se trascorrono dieci anni senza alcuna operazione, la banca è legalmente obbligata ad avvisare il titolare, invitandolo a riattivare il conto attraverso una qualsiasi operazione. Nel caso in cui non vi sia risposta, il conto viene dichiarato formalmente dormiente e i fondi in esso contenuti vengono trasferiti all’apposito Fondo gestito dalla Consap, ente ausiliario del Ministero dell’Economia, che utilizza tali risorse per finalità di pubblico interesse. Questo significa che le somme non rimangono nelle casse della banca, e il cliente perde la disponibilità immediata degli importi sul proprio conto.
Quali sono i rischi principali per il titolare
I rischi associati a un conto inutilizzato o dormiente sono molteplici e non riguardano soltanto la temporanea indisponibilità del denaro:
- Trattenimento delle somme: dopo dieci anni di inattività, le somme vengono devolute al Fondo gestito dalla Consap e il titolare deve affrontare una procedura burocratica per un eventuale recupero, più complessa e lunga di una semplice riattivazione del conto.
- Commissioni e spese: anche se il conto non viene utilizzato, molte banche applicano ugualmente spese fisse di tenuta conto o bolli, che possono progressivamente erodere l’importo depositato, sino a prosciugarlo completamente nei casi di importi modesti o lunghi periodi di inattività.
- Responsabilità fiscali: la presenza di fondi sul conto può essere rilevante in caso di accertamenti fiscali o nel calcolo dell’Isee, ma rischia anche sanzioni in caso di mancata o errata dichiarazione di giacenze su rapporti non movimentati.
- Pignoramento: somme presenti su un conto inutilizzato possono essere oggetto di pignoramento da parte del Fisco o di un creditore che agisca legalmente, anche a distanza di anni, se il titolare risulta debitore di una somma certa, liquida ed esigibile.
Una particolare attenzione meritano le procedure di blocco del conto corrente che, in alcuni casi, vengono attivate automaticamente dalla banca stessa per ragioni di prevenzione antiriciclaggio. Se non vengono forniti i dati richiesti dai questionari previsti dalla legge, il conto può essere limitato o completamente bloccato senza preavviso al titolare, anche dopo un lungo periodo di inattività.
Come prevenire rischi e mantenere attivo il conto
Per evitare che un conto diventi “dormiente” o venga bloccato, è fondamentale adottare alcune pratiche semplici ma efficaci:
- Eseguire almeno una operazione sul conto nell’arco di 10 anni, come un bonifico, un prelievo o l’emissione di un assegno. Anche piccoli movimenti bastano per mantenere vivo il rapporto.
- Tenere aggiornata la propria anagrafica presso la banca, comunicando tempestivamente eventuali cambi di residenza o recapito, per non perdere le comunicazioni ufficiali.
- Rispondere tempestivamente alle richieste di aggiornamento documentale, obbligatorie per la verifica periodica della clientela (antiriciclaggio).
- Monitorare eventuali saldi minimi richiesti e lo stato delle spese fisse, optando – in caso di inutilizzo duraturo – per la chiusura del conto secondo le procedure previste dal contratto.
Nel caso in cui il conto sia già stato dichiarato dormiente e trasferito alla Consap, il titolare o i suoi eredi possono comunque avviare una procedura di recupero delle somme, documentando la propria identità e la legittima titolarità del credito. Tale procedura però può essere lunga e richiede specifici adempimenti amministrativi.
Focus: conti dormienti ed eredità
Un aspetto spesso trascurato riguarda la successione ereditaria dei conti correnti inutilizzati. Se il titolare decede e il conto era rimasto inattivo, il rischio principale è che gli eredi non vengano informati in tempo utile e, trascorsi dieci anni, le somme vengano trasferite al Fondo Consap, rendendo più tortuoso il percorso di recupero. È fondamentale, quindi, mantenere una chiara documentazione bancaria all’interno dell’eredità e informare i potenziali eredi dell’esistenza di rapporti dormienti.
Inoltre, eventuali debiti lasciati dal titolare (come finanziamenti non pagati o cartelle esattoriali), vengono trasmessi agli eredi secondo quanto previsto dal nostro ordinamento. In presenza di beni patrimoniali a saldo positivo su un conto inutilizzato, questi possono essere pignorati per soddisfare i creditori, o bloccati su iniziativa dell’Agenzia delle Entrate in caso di irregolarità fiscali.
Il rischio patrimoniale si somma a quello amministrativo: gestire correttamente i conti correnti, anche quelli poco utilizzati, rimane un’esigenza prioritaria per evitare spiacevoli imprevisti successori.
Consigli pratici e suggerimenti di tutela
In sintesi, la gestione prudente dei rapporti bancari implica sempre una verifica costante e la comunicazione periodica con il proprio istituto di credito. Riconciliando la propria posizione ogni anno, è possibile evitare il passaggio automatico a “dormiente” e prevenire problemi amministrativi e fiscali. In caso di inutilizzo prolungato, valutare la chiusura formale del conto può rappresentare la migliore soluzione, poiché la chiusura di un conto a saldo zero non comporta costi e permette di evitare la maturazione di eventuali spese di mantenimento future.
Prestare attenzione alle procedure richieste dall’antiriciclaggio (leggi antiriciclaggio), mantenere corretti rapporti con il Fisco e con i creditori, e assicurarsi di rispondere tempestivamente a ogni comunicazione bancaria, sono tutte strategie essenziali per tutelare sé stessi e il proprio patrimonio familiare, anche rispetto a rapporti apparentemente trascurabili come un vecchio conto inutilizzato.
Infine, qualora si riceva una comunicazione relativa allo stato “dormiente” del proprio conto o, peggio ancora, del suo blocco per motivi fiscali o di sicurezza, è sempre raccomandabile rivolgersi a un consulente specializzato capace di guidare sia nei percorsi di recupero delle somme sia nella prevenzione dei rischi bancari. Una buona informazione è, infatti, la migliore tutela contro la perdita del patrimonio e le possibili insidie di un sistema finanziario sempre più regolamentato.